sabato 31 dicembre 2011

Il 2011 di Papa Benedetto


Il bilancio di Padre Federico Lombardi

I viaggi internazionali sono sempre punti di riferimento, nell’agenda del Papa di un anno. Vorrei incominciare a ricordare i due viaggi del centro dell’anno, cioè quello in Germania e quello in Spagna. Quello in Germania, anzitutto perché dice proprio la preoccupazione del Papa di parlare di Dio e di fare riferimento al primato di Dio nella società, anche in via di secolarizzazione di oggi, nel contesto europeo in particolare, nel suo Paese. Era un viaggio atteso, intensissimo, estremamente importante e credo che il discorso del Papa al Parlamento a Berlino rimanga uno dei grandi discorsi del Pontificato, facendo capire ad un uditorio molto ampio l’importanza del riferimento a Dio come saldo fondamento e punto di riferimento della convivenza umana dei valori fondamentali della convivenza e della tutela della dignità dell’uomo. Mentre in Spagna, nella Giornata mondiale della gioventù, c’è stata la grande esperienza della vitalità della fede, del suo futuro [...]. Dalla Giornata mondiale della gioventù il Papa ha colto le indicazioni vive per la nuova evangelizzazione del mondo. La Giornata mondiale della gioventù e la Spagna hanno indicato il lato positivo della presenza annunciante e viva della Chiesa nel mondo di oggi.

C’è stato poi il viaggio in Benin…

Sì, il viaggio in Benin è stato uno degli appuntamenti fondamentali di quest’anno, anche perché coincideva con la presentazione al Continente africano del documento finale del Sinodo per l’Africa. [...] Il Papa è stato molto colpito dalla gioia, dalla vitalità di questo popolo che lo ha accolto. Un popolo che vive in difficoltà, che è povero, che ha certamente delle sofferenze e dei grandi problemi ma che manifesta una capacità di guardare in avanti e di gustare la gioia del vivere. Quindi, questo viaggio ha indicato molto efficacemente la capacità della Chiesa cattolica oggi di parlare al continente africano essendone parte, cioè una Chiesa non estranea all’Africa: non che parla per l’Africa dall’Europa, ma che parla all’Africa nell’Africa e dall’Africa. Questo senso di solidarietà, di accoglienza, di gioia, di partecipazione che il Papa ha vissuto in mezzo agli africani, ha espresso molto bene quello che si manifesta nell’impostazione del documento. Quindi, direi che questo è uno dei segni di speranza per il futuro dell’Africa e per il futuro della Chiesa in Africa e del suo servizio per il Continente.

Ad Assisi, il Papa ha rilanciato con forza il tema del dialogo…

Sì. Questo incontro di Assisi era molto atteso. Sappiamo che da tempo si dubitava se il Papa Benedetto XVI avrebbe ripreso i messaggi di Assisi del suo predecessore, se non avrebbe fatto dei passi indietro … In realtà, non è stata una semplice ripetizione degli incontri del passato ad Assisi, ma è stato un passo avanti, l’apertura di un nuovo orizzonte, perché il Papa ha colto – secondo il suo metodo di tornare ai punti fondamentali – il tema della ricerca della verità come unificante, e in questo ha potuto invitare ad Assisi non solo i rappresentanti delle altre confessioni cristiane o delle altre religioni, ma anche i sinceri ricercatori della verità, anche se non riconoscono un Dio. E questo è stato un elemento molto importante, che ha fatto sentire la comunione che già c’è tra coloro che si riferiscono a un Dio personale, ma ha fatto sentire a loro agio anche coloro che cercano – onestamente – la verità.

Tra i documenti del 2011 spicca il Motu Proprio “Porta fidei” con cui il Papa ha indetto l’Anno della Fede a partire dall’ottobre 2012...

La Lettera di indizione dell’Anno della Fede si collega a questo grande tema, che è uno dei temi del Pontificato – la nuova evangelizzazione – e al Sinodo che avverrà l’anno prossimo e quindi a questo contesto anche più ampio che il Papa vuole creare con il tema dell’Anno della Fede. In tempo breve noi avremo anche il sussidio preparato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, di suggerimenti pastorali per prepararsi all’Anno della Fede. Quindi dobbiamo vedere un cammino di preparazione che avrà poi un momento molto forte nel Sinodo del prossimo autunno.

Tra le visite significative, invece, ricordiamo quella recente al carcere di Rebibbia …

Sì. Nel tempo natalizio, ogni anno, il Papa compie delle visite di solidarietà, delle visite di carità. Anche negli anni passati, ci sono state visite ai malati terminali, con i bambini ricoverati e così via. Quest’anno è stata la visita al carcere, che è stata estremamente importante ed emozionante e anche estremamente spontanea, con il dialogo tra il Papa e i carcerati, che ha toccato molto profondamente. Qui si vede come la Chiesa, anche lasciando alla società civile tutte le responsabilità di carattere legislativo, organizzativo di problemi drammatici come quello della giustizia e del carcere, però può dare un messaggio molto forte, molto vivo e profondo nel senso della riconciliazione, nel senso della speranza di un reinserimento anche di chi ha mancato nella società. Questo è un punto di cui credo che il mondo di oggi abbia un estremo bisogno: essere invitato a ricordarsi che anche chi ha sbagliato non dev’essere emarginato o eliminato dalla società, ma la vera grande giustizia si compie quando il male è superato nella riconciliazione, nel ritorno pieno alla convivenza pacifica di tutti coloro che hanno sbagliato e che ne sono stati esclusi.

C’è stato, poi, nel 2011 un evento particolare: il collegamento con la Stazione spaziale internazionale: il Papa ha parlato con gli astronauti…

[...] è stata un’occasione straordinaria con cui il Papa ha dimostrato con grande gioia e disponibilità l’amicizia della Chiesa per la ricerca scientifica e tecnica messa a disposizione del bene dell’umanità: la Chiesa non ha paura della ricerca e del progresso della scienza e della tecnica, ma la vede con grande simpatia, ricordando però proprio che questa dev’essere indirizzata per il bene dell’umanità.

Il 1° maggio scorso c’è stato il grande evento della Beatificazione di Giovanni Paolo II…

Direi che è stato un evento vissuto con grandissima gioia, che ha espresso la fede della Chiesa nella vita del Beato con noi, cioè Giovanni Paolo II si manifesta veramente una persona viva e presente al cammino della Chiesa. Questo è sentito, vissuto spontaneamente da una quantità grandissima di fedeli, che poi vengono anche a trovarlo – simbolicamente – visitando la sua tomba in San Pietro, e questa è una cosa che continua, perché Giovanni Paolo II continuerà ad essere presente, cioè la Beatificazione non è un punto d’arrivo ma in un certo senso è una tappa di un cammino: molti guardano già alla canonizzazione pensando che naturalmente vi si arriverà! Molti, anche indipendentemente da questo, sentono il rapporto con lui come estremamente confortante, orientatore, entusiasmante … E qui vorrei ricordare che Papa Benedetto ci invita sempre a sentire i Santi ed i Beati come nostri compagni di cammino: quindi Giovanni Paolo II è uno un po’ speciale, perché conosciuto da tutto il mondo. Ma tutti i Santi ed i Beati che la Chiesa ci propone sono i nostri accompagnatori sulla strada della nostra vita nella fede verso il Signore.

Infine, il Papa ha continuato a svolgere il suo ruolo di catechista agli Angelus e alle udienze generali, e non dimentichiamo il secondo volume “Gesù di Nazaret”…

Benedetto XVI è una persona che vive profondamente la sua vocazione di maestro e di maestro non solo teologico ma anche spirituale. Io ammiro sempre immensamente questa sintesi di dottrina e spiritualità vissuta, che si sente nelle sue parole e si legge nei suoi scritti. Insegna con gli Angelus, con le udienze – adesso ha preso questo ciclo sulla preghiera che è molto utile anche proprio per la nostra vita spirituale; insegna con omelie meravigliose nelle grandi feste cristiane, e – per chi ha desiderio di approfondimento maggiore – ha dato anche un passo ulteriore nella realizzazione di questa grande opera su Gesù che egli vuole lasciarci, un po’ veramente come testamento del suo amore per Cristo, del suo amore personale, della sua ricerca personale del volto di Cristo. Il libro di quest’anno è quello dedicato alla Passione e alla Risurrezione: evidentemente il volume centrale della grande opera. Ma noi continuiamo ad aspettare e a sperare di avere anche il terzo, quello sull’infanzia, come completamento di questa presentazione straordinaria, profonda, viva di Gesù per noi, oggi.

Padre Lombardi, un bilancio molto intenso, questo del 2011…

Sì, come tutti gli anni di ogni Pontificato, evidentemente, perché la Chiesa vive, vive nei diversi Continenti, con prospettive amplissime, affrontando problemi che la storia ci pone … Direi che Papa Benedetto XVI veramente ci ha accompagnati e ci ha guidati, in quest’anno, con grandissimi messaggi, con una intensità di azione e anche con serenità. Direi che forse rispetto ad altri anni precedenti, che sono stati anche un po’ più travagliati da fenomeni di crisi o di tensione, quest’anno è stato un anno molto bello, positivo, di grandi messaggi che ci fanno guardare in avanti.

venerdì 30 dicembre 2011

In ricordo di don Giacomo Gava



Oggi don Giacomo Gava, parroco della nostra parrocchia dal 1994 al 2006, avrebbe compiuto 70 anni.
A quasi tre anni dalla sua morte, mi piace ricordarlo con alcune sue parole, tratte da un suo libretto scritto nel maggio del 2006, intitolato "Gesù, dono di Maria - Per mezzo di Maria incontriamo Gesù".
Queste poche righe rendono ancora vivo e caro il suo ricordo in me e, immagino, in quanti lo hanno conosciuto e apprezzato. Nasce così dal cuore un grazie a Dio per il dono del suo ministero e per il suo appassionato lavoro in particolare nell'ambito della liturgia, della catechesi e della carità!


"Il 26 giugno 2006 ricorderò i quarant'anni da quando sono stato chiamato a seguire Gesù. Ho ricevuto questo dono per intercessione di Maria. Da giovane liceale non sapevo quale fosse la mia strada: formare una famiglia oppure seguire Gesù in una donazione totale a Lui e alla Chiesa. Ogni giorno pregavo Maria con il breviario mariano. Ella non tardò a farmi comprendere la strada e illuminare il mio cammino. L'amore umano veniva così sublimato in una unione profonda con Cristo Sacerdote, unico mediatore tra Dio e gli uomini.

Forse la mia vocazione è nata da chierichetto proprio nella chiesa di S. Maria delle Grazie ad Alleghe. Ricordo ancora quando andavo tutti i giorni a Messa con i padri francescani ed era bello per me stare vicino a Gesù e a Maria, già allora mi parlava attraverso quei sentimenti ed emozioni, allora non ancora ben definiti.

Da dodici anni esercito il mio ministero sacerdotale in questa Chiesa di Conegliano, intitolata a S. Maria delle Grazie, così ricca di significati mariani. E' sempre per me di profondo conforto la presenza alla Messa domenicale di tante famiglie attente e devote, strette attorno a Cristo Eucaristia che condivide con noi il pane che è il suo corpo dato per noi. 

Preghiamo spesso davanti alla statua della Madonna protesa nell'atto di offrirci il Cristo, suo Figlio, affinché noi lo possiamo imitare nel realizzare il nostro progetto di vita. Avere il cuore come Gesù; pensare come pensa Gesù; camminare verso la strada che ci mostra Gesù; morire con in cuore la presenza di Gesù".

domenica 25 dicembre 2011

Egli è apparso! Buon Natale!



«Egli è apparso. Si è mostrato.
È uscito dalla luce inaccessibile in cui dimora.
Egli stesso è venuto in mezzo a noi.
Non è più soltanto un’idea,
non soltanto qualcosa da intuire a partire dalle parole.
Egli è apparso».

Papa Benedetto XVI
Natale 2011

mercoledì 21 dicembre 2011

E se il Papa abolisse il Natale?


Sarebbe bello e profetico se il Papa abolisse quest’anno il Natale


Sarebbe bello, o come si dice profetico, se il Papa abolisse quest’anno le celebrazioni del Natale. Celebrare la natività nel mondo moderno è una bestemmia. Abortire un bambino in America è, per decisione dei giudici della corte suprema, una questione di privacy della gestante. Abolire una bambina concepita, in ragione del suo sesso socialmente più debole, è in molte regioni e paesi dell’Asia la conseguenza “naturale” di uno screening fatto con mezzi alla portata delle grandi masse.

In Europa, dove siamo più antichi di civiltà e di ipocrisia, l’aborto si chiama in genere tutela sociale della maternità, proprio così, e si realizza da oltre trent’anni in base a varie clausole di autodeterminazione del soggetto, con brutte  conseguenze di annichilimento per l’oggetto.

Inoltre proliferano i family planning, cioè la subordinazione dell’amore e del sesso alla capacità di scongiurare, prima o ex post. L’incidente (così lo chiamano) della gestazione di un bambino. Una ragazza di Trento che ha più o meno l’età della Vergine è stata di recente portata in tribunale dai suoi genitori per obbligarla ad abortire, e alla fine ce l’hanno fatta con mezzi di persuasione meno giuridicamente onerosi. Intere categorie di esseri umani vengono selezionate con le diagnosi prenatali, ed eliminate senza tante storie. La fabbricazione di un prodotto di natività è la nuova linea di confine della febbrile ricerca di salute e di felicità, non è un mondo fatto per l’attesa, per l’annuncio, per la cometa e per i re magi. È un mondo fatto per le statistiche demografiche dell’Onu, per le conferenze abolizioniste, per le campagne di contraccezione, e poi per la resa dei conti di società incapaci di crescere quando si sia disperatamente vecchi?

Ho visto su Repubblica esercizi di ottimismo natalizio di Vito Mancuso, teologo. In molti si provano a edificarci, a illustrarci degli infiniti meriti della libertà. Ma non è la libertà che è in questione, visto che la punibilità penale della decisione di abortire è fuori discussione nel senso comune e nella mentalità universale del mondo creato. È in questione la totale sordità morale di fronte alle conseguenze dell’uso improprio della libertà. È in questione per pochi, ben s’intende. Le orecchie sono tappate. I ministri della salute si occupano d’altro. Gli economisti, a parte la denuncia di Amartya Sen e pochi seguaci, fanno finta che il problema dei “ratios” scandalosi tra le nascite femminili e maschili in India non esista. L’abolizione della donna come risultato finale dell femminismo, già.

Ecco, in questa situazione, a parte gli auguri politicamente corretti di buone feste a tutti, non sarebbe male se la sola vera grande autorità profetica dell’occidente cristiano, il Papa, decidesse di scrivere un nuovo capitolo del libro su Gesù e disertare quelle che convenzionalmente vengono definite, ed è uno scandalo, le “feste di Natale”.

martedì 13 dicembre 2011

Che fare delle brutte chiese?

"Cosa fare delle tante brutte chiese realizzate negli ultimi decenni?"
dal blog del Cardinale Ravasi 

Un esempio di "architettura" contemporanea:
la Chiesa-cubo di Foligno, realizzata dalla CEI
con i (nostri) soldi dell'8x1000...

"Ieri sera un piacevolissimo duetto, un vero botta e risposta, in cui ho avuto la gioia di confrontarmi con l’architetto e caro amico Mario Botta, uno dei grandi nomi dell’architettura contemporanea. Nel contesto delle manifestazioni romane organizzate per celebrare l’architetto Gaudì e la sua straordinaria Sagrada Familia di Barcellona, abbiamo dialogato sull’architettura, e specificamente su quella sacra, dei nostri giorni, interpellati acutamente dalle domande della Prof.ssa Maria Antonietta Crippa, nel contesto quanto mai appropriato del MAXXI di Roma.

Bisogna ripensare il tempio – ci siamo detti – collocandolo sapientemente, con la creatività contemporanea, nelle coordinate di spazio e tempo, armonizzandolo con l’ambiente naturale e umano in cui viene costruito. Un tempio che sia contemporaneamente simbolo di memoria e di futuro, luogo di incontro tra l’umano e il divino, in cui l’una e l’altra dimensione siano sempre presenti senza sopraffarsi reciprocamente. 

Sono emersi anche aspetti problematici: cosa fare delle tante brutte chiese realizzate negli ultimi decenni? Come armonizzare forme architettoniche e decorazione, elemento non accessorio ma necessario nel tempio cristiano? Come far sì che committenti e progettisti/costruttori elaborino insieme un progetto all’altezza delle finalità e delle richieste? Si aprono spazi quasi infiniti per altri botta e … ravasi".


...le domande rimangono aperte...

sabato 3 dicembre 2011

Servite_Domino su Twitter!



Da qualche tempo il nostro blog "Servite Domino in laetitia" si è affacciato sul mondo di Twitter! Un mondo assolutamente affascinante, in un certo senso innovativo, ma soprattutto ancora poco esplorato, in particolare da chi ama e segue il Magistero del Papa e della Chiesa. 

Ma che cos'è Twitter? E' un social network che permette di condividere foto, video ma anche messaggi e pensieri...il tutto, a differenza di Facebook, rigorosamente in 140 caratteri! E' questo che lo rende particolarmente immediato, veloce e diretto. I post sono chiamati tweet, i cinguettii, da rivolgere agli amici che ci seguono - i follower - ma potenzialmente visibili a tutti.

Chi c'è su Twitter? I vaticanisti Tornielli e Rodari, i Cardinali Ravasi, Scola, O'Malley, i siti di informazioni News.va, Vatican Insider, La Bussola, Raffaella Blog, Aleteia...
Di liturgia si "cinguetta" ancora poco... Per fortuna ci sono Maranatha, i blog Fides et Forma, Cantuale Antonianum, MinistrantiOk. E ci siamo anche noi di Servite_Domino che, nel nostro piccolo, cerchiamo di pubblicare gli articoli più interessanti che si trovano nel web sul Papa, la Chiesa e la liturgia, oltre a quanto pubblichiamo "ufficialmente" in questo blog!

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domenica 27 novembre 2011

La vita e "l'oltre"... Vegliate!



"Vegliate!". Questo è l’appello di Gesù nel Vangelo di oggi. Lo rivolge non solo ai suoi discepoli, ma a tutti: "Vegliate!" (Mt 13,37). E’ un richiamo salutare a ricordarci che la vita non ha solo la dimensione terrena, ma è proiettata verso un "oltre", come una pianticella che germoglia dalla terra e si apre verso il cielo. Una pianticella pensante, l’uomo, dotata di libertà e responsabilità, per cui ognuno di noi sarà chiamato a rendere conto di come ha vissuto, di come ha utilizzato le proprie capacità: se le ha tenute per sé o le ha fatte fruttare anche per il bene dei fratelli.

Anche Isaia, il profeta dell’Avvento, ci fa riflettere oggi con una preghiera accorata, rivolta a Dio a nome del popolo. Egli riconosce le mancanze della sua gente, e a un certo punto dice: "Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te; perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, ci avevi messo in balìa della nostra iniquità" (Is 64,6). Come non rimanere colpiti da questa descrizione? Sembra rispecchiare certi panorami del mondo post-moderno: le città dove la vita diventa anonima e orizzontale, dove Dio sembra assente e l’uomo l’unico padrone, come se fosse lui l’artefice e il regista di tutto: le costruzioni, il lavoro, l’economia, i trasporti, le scienze, la tecnica, tutto sembra dipendere solo dall’uomo. E a volte, in questo mondo che appare quasi perfetto, accadono cose sconvolgenti, o nella natura, o nella società, per cui noi pensiamo che Dio si sia come ritirato, ci abbia, per così dire, abbandonati a noi stessi.

In realtà, il vero "padrone" del mondo non è l’uomo, ma Dio. Il Vangelo dice: "Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati" (Mc 13,35-36). Il Tempo di Avvento viene ogni anno a ricordarci questo, perché la nostra vita ritrovi il suo giusto orientamento, verso il volto di Dio. Il volto non di un "padrone", ma di un Padre e di un Amico. Con la Vergine Maria, che ci guida nel cammino dell’Avvento, facciamo nostre le parole del profeta. "Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani" (Is 64,7).

Benedetto XVI
Angelus, 27.11.11
Prima Domenica di Avvento

martedì 22 novembre 2011

Giuseppe Toniolo Beato!


Il Venerabile Giuseppe Toniolo, "l'economista di Dio", fondatore delle Settimane Sociali, verrà proclamato Beato domenica 29 aprile 2012, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura. La Celebrazione sarà presieduta da S.Em. il Card. Salvatore De Giorgi, Arcivescovo emerito di Palermo e già Assistente Generale dell'Azione Cattolica.
Lo scorso 14 gennaio 2011 Papa Benedetto XVI, tramite la Congragazione delle Cause dei Santi, aveva promulgato il decreto riguardante un miracolo attribuito all’intercessione del Venerabile servo di Dio.

Il postulatore, Mons. Domenico Sorrentino, definisce il Toniolo "un uomo appassionato di Cristo e della Chiesa, che da questa passione ha tratto l’impegno a costruire una società più a misura d’uomo, affermando già nel suo tempo, che la soluzione della crisi fosse il ritorno alla giustizia e alla carità nelle relazioni sociali ed economiche. Un laico impegnato per un’economia etica in tempi, i suoi, di rampante e spesso ingiusto capitalismo; un assertore convinto della presenza dei cattolici in politica in un’epoca in cui il «non expedit» ne vietava la partecipazione: un invito pressante a non limitarsi al solo impegno caritativo assistenziale, ma ad andare alla radice dei problemi con soluzioni anche politico-economiche".

Le spoglie mortali del Toniolo si trovano nella nostra Diocesi, nel Duomo di Pieve di Soligo.

giovedì 17 novembre 2011

Il Papa, Benetton, il marketing e l'ipocrisia




Complimenti ai Benetton per la faccia tosta, anzi l’ipocrisia. Come già saprete, ieri è scoppiato la polemica sulla nuova campagna pubblicitaria della colorata ditta trevigiana, che ha voluto rinverdire i fasti delle campagne di Oliviero Toscani. Così, all’improvviso, sul ponte di Castel Sant’Angelo, è stato srotolato una gigantografia-fotomontaggio dove appaiono Benedetto XVI e l’imam di Al Ahzar, Ahmed al-Tayyeb che si baciano in bocca.

L’insulsa campagna pubblicitaria, che ha soltanto lo scopo di provocare, prevede altri baci (tra Obama e il presidente cinese, tra la Merkel e Sarkozy) ed è ispirata dalla famosa foto del bacio tra Leonid Breznev, allora presidente dell’Urss ed Erich Honecker, presidente della Germania orientale. L’autore del fotomontaggio, tra l’altro, ha voluto rendere più «passionale» proprio il bacio tra i due leader religiosi rispetto agli altri tra leader politici.

La presentazione in anteprima della nuova campagna Benetton è avvenita a Parigi, dove Gilberto Benetton ha ricevuto la Legion d’onore, la massima onorificenza concessa dallo stato francese, direttamente dalle mani del presidente Sarkozy, nel corso di una cerimonia all’Eliseo. «L’obiettivo della campagna è contrastare la cultura dell’odio, promuovendo la vicinanza tra popoli, fedi, culture e la pacifica comprensione delle ragioni altrui – ha spiegato Alessandro Benetton, vice presidente esecutivo di Benetton Group – . Gli odi non cessano mai grazie all’odio, cessano grazie al non odio». Questa campagna, ha concluso Benetton, «è uno stato d’animo di riconciliazione, ma non è buonista: l’amore sarebbe utopistico, il non odio invece è qualcosa che possiamo fare».

Com’era prevedibile, l’uso e l’abuso dell’immagine del Papa e dell’imam egiziano srotolata a pochi passi da piazza San Pietro hanno provocato indignazione e la giusta risposta della Santa Sede. Padre Federico Lombardi, portavoce vaticano, ha espresso «una decisa protesta per un uso del tutto inaccettabile dell’immagine del Papa, manipolata e strumentalizzata nel quadro di una campagna pubblicitaria con finalità commerciale». «Si tratta - ha aggiunto - di una grave mancanza di rispetto per il Papa, di un’offesa dei sentimenti dei fedeli, di una dimostrazione evidente di come nell’ambito della pubblicità si possano violare le regole elementari del rispetto delle persone per attirare attenzione».

L’aspetto più surreale e a tratti ridicolo di questa triste vicenda è rappresentato dalla (falsissima) risposta del gruppo Benetton, che alla reazione vaticana ha risposto: «Ribadiamo che il senso di questa campagna è esclusivamente combattere la cultura dell’odio in ogni sua forma. Siamo perciò dispiaciuti che l’utilizzo dell’immagine del Papa e dell’Imam abbia così urtato la sensibilità dei fedeli. A conferma del nostro sentimento abbiamo deciso con effetto immediato di ritirare questa immagine da ogni pubblicazione».

Poverini, sono dispiaciuti. Poverini, non ci avevano pensato. Poverini, non l’avevano fatto apposta. Poverini, in quel di Treviso, così intenti a promuovere le loro magliette multicolori avevano perso di vista chi è il Papa. Poverini, non immaginavano che per un fedele cattolico, come pure per un fedele musulmano, ma anche più semplicemente per una persona di buon senso, quel fotomontaggio avrebbe offeso, ferito, indignato. Poverini, i Benetton, non ci arrivano. Loro non volevano provocare: noooooo…. Non sia mai! Volevano solo dire che non ci vuole l’odio! Così «con effetto immediato», non appena hanno ottenuto la visibilità mondiale che cercavano, hanno - bontà loro, che sensibilità! - ritirato la foto di Papa Ratzinger e dell’imam del Cairo. Questo sì è un esempio di responsabilità e di comprensione delle ragioni dell’altro: che sia già un primo effetto positivo del nuovo governo Monti?

Spero vivamente che il Vaticano questa volta proceda nell’intentare una causa contro il gruppo Benetton, invece di lasciar perdere. Magari annunciando già a quale progetto benefico saranno destinati i soldi del risarcimento. E ai fratelli Benetton, esempio di italica perspicacia, di quell’Italia che lavora non solo per far soldi, che ci vuole aiutare ad essere anche tutti più buoni, così attenti alle sensibilità di ciascuno, mi permetto un suggerimento: andate di persona - magari con la Legion d’onore di monsieur Sarkozy appuntata sul petto - a srotolare quella gigantografia davanti alla sede di Al Azhar, al Cairo. Vediamo se l’apprezzato gesto sortirà l’effetto sperato di combattere la cultura dell’odio.

giovedì 10 novembre 2011

Benedetto XVI: un ottimo capro espiatorio



Riprendo da "Il blog degli amici di Papa Ratzinger"
uno scritto di Raffaella:
 Benedetto XVI, perfetto capro espiatorio del nuovo millennio


Cari amici,
è da un po' di tempo che sto riflettendo sulla "teoria" del capro espiatorio. Ci viene in aiuto Wikipedia:

"In senso figurato, un "capro espiatorio" è qualcuno a cui è attribuita tutta la responsabilità di malefatte, errori o eventi negativi e deve subirne le conseguenze ed espiarne la colpa; è bene anche dirsi, che il capro espiatorio diventa soggetto di tali accuse, e quindi probabili pene, più volte prima di essere definito tale. La ricerca del capro espiatorio è l'atto irrazionale di ritenere una persona, un gruppo di persone, o una cosa, responsabile di una moltitudine di problemi".

Beh, basterebbe mettere una foto di Papa Benedetto a illustrazione di tale definizione.
C'è l'alluvione a Genova? Un premio Nobel se la prende col Papa perché, a suo dire, non ha rimproverato preventivamente l'amministrazione locale e statale. Come dite? Papa Benedetto ha dedicato all'ambiente Messaggi, discorsi ed omelie? E che importa?
Scoppiano in tutto il mondo scandali che riguardano i preti pedofili? Colpa di Papa Benedetto e, ancora prima del cardinale Ratzinger! Come dite? Si tratta di atti e fatti accaduti trenta, quaranta o cinquanta anni fa? E allora? 
E perché non apre gli archivi? Come dite? Non è stata fatta la stessa richiesta ai suoi predecessori? Perché? Ha importanza? E' colpa di Ratzinger, è lui che ha le chiavi di tutti gli archivi del mondo.
Piove? Tira vento? C'è caldo? Vi ha punto una vespa? Vi si è rotta l'unghia di un dito del piede? Vi è venuto un brufolo sulla punta del naso? Problemi di cellulite? Siete magri? Grassi? Bassi? Vatussi? Vi si è chiuso il medio nella portiera dell'auto? Siete caduti a gambe all'aria scivolando sulla buccia di banana?
Ma perché non dare la colpa a Papa Benedetto? Sta lì...pronto per essere colpito.
Non è comparso un arcobaleno? Colpa di Ratzinger che non domina la natura! E' comparso l'arcobaleno (vedi Auschwitz)? Ma che volete? E' un fenomeno atmosferico normale dopo una pioggia.
Tira il vento? E' lo Spirito Santo che soffia su tutti i predecessori dell'attuale Pontefice (con l'eccezione di qualcuno).
Il vento si diverte a sollevare la mantella di Papa Benedetto come stamattina? Ma che c'entra? Non avete mai visto il vento? Lo zucchetto vola via? Ma è responsabilità del Papa che non si mette i bottoncini automatici sui capelli visto che, al contrario degli altri, ha una chioma invidiabile! A proposito: come si permette di avere il ciuffo? Non è in continuità con i predecessori.
Crisi finanziaria in Italia? Colpa del Papa che è sempre sui giornali (quali?).
Piove? Una benedizione! Commozione degli Angeli. Piove su Papa Benedetto? Ecco! Non è capace di fermare il fenomeno! Torna il sole dopo la pioggia? Miracolo! Riappare il sole alla presenza di Joseph Ratzinger? Embe'? Avranno sbagliato le previsioni!
Lascio stare la battuta sulla pedana mobile perché sarebbe troppo facile...
In sintesi: Benedetto XVI non ne fa una giusta.
Peccato che il tiro al piccione sia ormai uno sport talmente praticato da essere diventato noioso e ripetitivo.
Dispiace che gli attacchi più gravi ed offensivi arrivino proprio dal mondo cattolico, in particolare da quella parte che vive con la testa rivolta all'indietro incapace di vedere sotto il proprio naso.
Nessuno chiede il panegirico quotidiano di Papa Benedetto (il tempo degli osanna ad un Pontefice è passato), ma si chiede un briciolo di obiettività che consenta a tutti di evitare, se possibile, le brutte figure.
Grazie per l'attenzione.
R.

domenica 6 novembre 2011

I 70 anni di Scola




La mattina con i responsabili degli uffici della Curia, il pomeriggio con i sacerdoti del Consiglio presbiterale diocesano, a Triuggio, in Brianza. Così l’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, trascorrerà,lunedì prossimo, il suo 70esimo compleanno. L’arcivescovo per l’occasione non rilascerà dichiarazioni. D’altronde della sua età si è già parlato e poco c’è da aggiungere. Fra i pochi dubbi sulla nomina ad arcivescovo di Milano c’erano proprio i suoi 70 anni, obiezione spazzata via dalla decisione finale di Benedetto XVI e dallo spessore culturale e intellettuale dell’arcivescovo, definito all’unanimità una delle figure di maggior prestigio della Chiesa.
  
Scola ha davanti a sé un episcopato non lunghissimo, da 5 a 7 anni, al massimo lascerà nel 2018. Lui stesso non ne ha fatto mistero e durante un incontro, il 27 settembre scorso, ha parlato della sua «esperienza di vita personale, ormai non più tanto breve - ha detto -, come giustamente la stampa non cessa di ricordarmi, scrivendo che sono arrivato vecchietto a Milano». «Può darsi che sia troppo tardi - ha aggiunto -, non lo so, comunque non ho scelto io».
  
Scola compirà i 70 anni nel ruolo di arcivescovo della Diocesi che ha caratterizzato le origini del suo impegno ecclesiastico, dove è nato (a Malgrate, nel Lecchese, il 7 novembre 1941), dove è cresciuto e si è laureato. «Mi aspetta la Chiesa di Milano - ha detto subito dopo la nomina - quella in cui sono stato svezzato contemporaneamente alla vita e alla fede».

E lo stesso cardinale, incontrando il mondo milanese della cultura e tracciando un primo bilancio, qualche settimana fa ha spiegato che «è giusta la parola ritorno, dopo tanto girare e tanti impegni: torno a casa, passata la botta del distacco con Venezia, ho pagato molto perché costa lasciare ciò che vale. In questi tre mesi – ha proseguito - mi sono avvicinato a Milano e mi è entrato nelle vene questo sentimento pacifico di tornare a casa che mi ha tranquillizzato di fronte a un impegno così importante».

giovedì 27 ottobre 2011

Il "no" a Dio e la decadenza dell'uomo



"Se una tipologia fondamentale di violenza viene oggi motivata religiosamente, ponendo con ciò le religioni di fronte alla questione circa la loro natura e costringendo tutti noi ad una purificazione, una seconda tipologia di violenza dall’aspetto multiforme ha una motivazione esattamente opposta: è la conseguenza dell’assenza di Dio, della sua negazione e della perdita di umanità che va di pari passo con ciò. I nemici della religione – come abbiamo detto – vedono in questa una fonte primaria di violenza nella storia dell’umanità e pretendono quindi la scomparsa della religione. Ma il "no" a Dio ha prodotto crudeltà e una violenza senza misura, che è stata possibile solo perché l’uomo non riconosceva più alcuna norma e alcun giudice al di sopra di sé, ma prendeva come norma soltanto se stesso. Gli orrori dei campi di concentramento mostrano in tutta chiarezza le conseguenze dell’assenza di Dio.


Qui non vorrei però soffermarmi sull’ateismo prescritto dallo Stato; vorrei piuttosto parlare della "decadenza" dell’uomo, in conseguenza della quale si realizza in modo silenzioso, e quindi più pericoloso, un cambiamento del clima spirituale. L’adorazione di mammona, dell’avere e del potere, si rivela una contro-religione, in cui non conta più l’uomo, ma solo il vantaggio personale. Il desiderio di felicità degenera, ad esempio, in una brama sfrenata e disumana quale si manifesta nel dominio della droga con le sue diverse forme. Vi sono i grandi, che con essa fanno i loro affari, e poi i tanti che da essa vengono sedotti e rovinati sia nel corpo che nell’animo. La violenza diventa una cosa normale e minaccia di distruggere in alcune parti del mondo la nostra gioventù. Poiché la violenza diventa cosa normale, la pace è distrutta e in questa mancanza di pace l’uomo distrugge se stesso".

Benedetto XVI
Assisi, 27 ottobre 2011

sabato 22 ottobre 2011



O Dio, ricco di misericordia, che hai chiamato il beato Giovanni Paolo II, papa, a guidare l’intera tua Chiesa, concedi a noi, forti del suo insegnamento, di aprire con fiducia i nostri cuori alla grazia salvifica di Cristo, unico Redentore dell’uomo. Egli è Dio e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Orazione colletta
nella memoria liturgica del Beato

sabato 15 ottobre 2011

Palombella: un anno da Direttore



La Sistina non è un pezzo da museo
Coniugare una tradizione unica al mondo con la vocalità moderna. Questa la sfida principale che deve affrontare la Cappella Musicale Pontificia "Sistina", secondo il maestro Massimo Palombella, che da un anno la dirige. "Le acquisizioni tecniche del Novecento devono essere conosciute da chi fa questo lavoro, occorre inserire gradualmente il repertorio contemporaneo. La storia della musica non è finita e non potrà mai finire. Non si può ignorare la scuola francese del Novecento con tutto quello che ci ha consegnato, da Messiaen a Ravel, da Faurè a Poulenc o Duruflé".

Da dove siete partiti per realizzare questo progetto?

Per prima cosa abbiamo intensificato le prove, ora si prova quattro volte a settimana. Abbiamo un punto di partenza eccellente. I cantori sono venti, assunti a tempo indeterminato dalla Santa Sede, di livello artistico elevatissimo. Tra questi alcuni sono stati bambini cantori, anche perché quando si inserisce un elemento nuovo a parità di qualità si preferisce chi ha già acquisito le caratteristiche principali del modo di cantare della Cappella Sistina. Su queste basi occorre costruire un futuro che metta assieme una tradizione di cantabilità e declamazione del testo, che caratterizza la Sistina, con ciò che la vocalità del Novecento ci ha positivamente consegnato.

Cioè?

La precisione dell'intonazione, in particolare, favorita da ciò che di scientifico oggi sappiamo, per esempio sull'intonazione delle terze e delle quinte. L'attenzione all'articolazione interna del testo e alla sua declamazione, specialmente sul modo di affrontare vocali e consonanti. La chiarezza del fraseggio al quale attenersi in modo assoluto e scrupoloso sia per rendere l'idea della frase musicale, sia per la corretta declamazione. Per ultimo il mantenimento dell'intonazione durante l'articolazione del testo. Per fare questo si può fare riferimento anche a ciò che nel mondo sta avvenendo riguardo alla vocalità. Occorre uscire da un'implicita autoreferenzialità della Cappella e guardarsi intorno. Gli inglesi, come in altri termini i tedeschi e anche la tarda scuola francese, hanno da insegnarci molto circa la precisione dell'intonazione, dell'articolazione del testo e del fraseggio. Possiamo non condividere il loro modo di cantare, che di fatto non appartiene alla tradizione "latina" di canto, ma va riconosciuto che quegli atteggiamenti sono coerenti nella loro scelta estetica e questo, da musicisti, non possiamo che lodarlo. Rischiamo altrimenti di fare della nostra comprensione estetica l'unica possibile. I cd di Palestrina registrati dal Coro dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretto da Roberto Gabbiani, ad esempio, realizzano una interpretazione che possiamo non condividere per diversi motivi, ma bisogna onestamente riconoscere una disarmante coerenza interna, una maniacale ricerca della precisione dell'intonazione. Occorre in sostanza avere l'onestà di riconoscere una precisa "scelta estetica" che non può non essere apprezzata e assunta come modello metodologico (la stessa cosa si può dire per Westminster Abbey, Tallis Scholars e altri gruppi). In sostanza senza un sano confronto non esiste una vera crescita culturale-artistica e si corre il rischio di erigere a modello segmenti di storia che possono invece rappresentare - considerati in un'ampia arcata storica e in una doverosa comprensione sinottica - momenti di decadenza.

Quindi metodo scientifico e tradizione esecutiva antica?

La Sistina deve avere un vastissimo repertorio che comprenda quello che ha caratterizzato la sua storia. In concerto, in particolare, deve eseguire quello che nessuna altra cappella musicale può vantare. Noi possiamo cantare opere che Palestrina ha scritto per noi. Se andiamo a fare un concerto non possiamo proporre quello che proporrebbe un coro di parrocchia, ma dobbiamo programmare brani polifonici da cinque voci in su. Questo repertorio antico deve essere l'"ordinario" della Cappella, deve essere frequentato continuamente e deve diventare un corpus importante. Per questo nell'agosto scorso abbiamo assemblato un libro di studio che contiene mottetti, offertori e composizioni latine di Palestrina, in poche parole l'identità della Cappella. E questo repertorio va anche utilizzato continuamente nelle celebrazioni. In particolare gli offertori.

Quali in particolare?

Proprio quelli di Palestrina, l'unico compositore che ha musicato tutti gli offertori dell'anno liturgico. Per questo noi, a ogni celebrazione papale, cantiamo un offertorio palestriniano. E lo dobbiamo fare con le caratteristiche che ci contraddistinguono da sempre: canto "in voce", mai in falsetto, che serve a riempire i grandi spazi nei quali siamo chiamati a cantare, e perfetta declamazione del testo, per garantire la comprensibilità della Parola. È un dovere, se non lo facciamo noi non lo fa nessuno. 

E poi?

A questo va altrettanto doverosamente coniugata un'apertura assoluta al repertorio internazionale. In Inghiltera, negli Stati Uniti, in Francia, in Germania c'è una produzione di musica liturgica contemporanea importante. Queste cose vanno gradualmente metabolizzate, proprio perché la Sistina sia un punto di riferimento internazionale, che esprima nel suo operare la cattolicità della Chiesa. È in stampa a questo scopo un libro di studio nel quale saranno inseriti brani di repertorio che vanno dall'inizio del Novecento a oggi. Non so ancora come li collocheremo nelle celebrazioni o in concerto, ma sono certo che faccia bene ai cantori frequentare autori come Duruflé, Schnitzel, Fauré, Perosi, Refice, Molfino, Bettinelli, Bianchi, Poulenc, Dupré, Gorecki, Lauridsen, Stanford e molti altri. Dobbiamo farlo per evitare che la Cappella Musicale Pontificia diventi un pezzo da museo.

martedì 4 ottobre 2011

Non tutti i vescovi sono di buona volontà...


Ovvero democrazia e (dis)obbedienza verso Roma in materia liturgica. Ecco un interessante articolo di Sandro Magister sulle traduzioni della nuova edizione del Messale italiano (...che aspettiamo da dieci anni ormai, ma si sa, i nostri Vescovi hanno cose ben più importanti da fare...).


«Gli italiani sono in prima fila nel disubbidire a Roma, per quanto riguarda la traduzione delle parole della consacrazione. Tedeschi e austriaci seguono a ruota. E anche nelle traduzioni del Padre nostro e del Gloria c'è disaccordo 

In questi giorni in tutte le parrocchie e chiese degli Stati Uniti sta arrivando la nuova versione inglese del Messale Romano, che verrà utilizzata a partire dalla prossima prima domenica di Avvento, il 27 novembre.
Numerose e molto dibattute le variazioni rispetto al precedente Messale. Ma il cambiamento che ha suscitato maggiori dispute è certamente quello che riguarda le parole della consacrazione del vino, là dove nella versione latina si legge: "Hic est enim calix sanguinis mei […] qui pro vobis et pro multis effundetur". Il "pro multis" di questa formula nelle traduzioni in lingua volgare del postconcilio è stato generalmente tradotto con "per tutti": traduzione che non solo non rispettava la lettera dell’originale latino, a sua volta derivato da testi evangelici, ma ha ingenerato anche un sottile ma vivace dibattito teologico.

Per ovviare a questi problemi, nell’ottobre 2006 ai presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo è stata inviata una lettera, su "indirizzo" di Benedetto XVI, dalla congregazione per il culto divino allora presieduta dal cardinale Francis Arinze. In essa si chiedeva di tradurre il "pro multis" con "per molti". Cosa che hanno fatto gli episcopati d’Ungheria (da "mindenkiért" a "sokakért") e di vari paesi d’America latina (da "por todos" a "por muchos"), che si accinge a fare l'episcopato spagnolo, e che ha fatto, non senza vivacissime discussioni anche tra vescovi, l’episcopato degli Stati Uniti (da "for all" a "for many"). Quanto agli episcopati di Germania e di Austria, in essi si registrano forti resistenze al passaggio dal "fur alle" al "fur viele".

Per quanto riguarda l’Italia, l’argomento è stato affrontato dai vescovi nel corso dell'assemblea plenaria della conferenza episcopale tenuta ad Assisi nel novembre del 2010, nel corso dell’esame dei materiali della terza edizione italiana del Messale Romano.
In quella occasione, tra i vescovi italiani si è manifestata una massiccia riluttanza a introdurre il "per molti". Nel corso dei lavori, infatti, si è insistito sul fatto che le conferenze episcopali delle singole regioni erano già state "unanimi" nello scegliere la versione "per tutti". E quando i vescovi dell'Italia intera sono stati chiamati a votare su questo punto specifico del Messale il risultato è stato questo: su 187 votanti, oltre a una scheda bianca, ci sono stati 171 voti a favore di mantenere il "per tutti", 4 per introdurre la versione "per la moltitudine" (calco da "pour la multitude" in vigore nel Messale francese), e appena 11 per il "per molti" richiesto dalla Santa Sede nel 2006.

Nella stessa riunione i vescovi italiani votarono anche a favore di due cambiamenti nel Padre nostro e nel Gloria.
Per il Padre nostro, nel corso di una duplice votazione, i vescovi hanno dapprima scartato l’ipotesi di mantenere la frase "non ci indurre in tentazione"; questa frase infatti ha raccolto solo 24 voti su 184 votanti, meno delle due che poi sono andate in ballottaggio: "non abbandonarci alla tentazione" (87 voti) e "non abbandonarci nella tentazione" (62 voti). Di queste due, la più votata nel ballottaggio è risultata infine la prima, con 111 suffragi contro 68.
Per quanto riguarda il Gloria, su 187 votanti, 151 hanno approvato la variazione "Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama", al posto di quella attualmente in uso "Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà", che ha ottenuto 36 suffragi.
A proposito di questi stessi testi, i vescovi degli Stati Uniti hanno preferito non toccare il Padre nostro, lasciando inalterata la frase "and lead us not into temptation", linguisticamente più fedele al latino "et ne nos inducas in tentationem".
Mentre per quanto riguarda il Gloria hanno scelto di cambiare le parole "and peace to his people on earth" in "and on earth peace to people of good will", anche in questo caso seguendo testualmente l’originale latino "et in terra pax hominibus bonae voluntatis"».

lunedì 26 settembre 2011

I chierichetti di Malgrate intervistano il Card. Scola...




"Vostra Eminenza, Lei da piccolo faceva il chierichetto?"

"Si si l'ho fatto, per tanti anni, ho cominciato alla fine degli anni '40. [...] C'erano dei turni molto rigidi, c'era il turno di una settimana alla Messa delle 6 della mattina, e poi le due Messe della domenica. C'era un registro molto rigido: si segnavano tutte le presenze e le assenze. Era un impegno molto bello e molto serio, a cui tenevamo molto".

"La cosa che mi è rimasta più impressa di quand'ero chierichetto, questa ve la voglio dire, è stato quando è venuto il Cardinal Schuster in visita pastorale. Io ero piccolino, e il parroco ci costrinse a venire all'inizio, proprio al mattino presto presto, quando il Cardinale cominciava la sua adorazione qui, al faldistorio, quello speciale inginocchiatoio che i vescovi usano, e venimmo qui alle tre del mattino. E io rimasi impressionato perché, tra un tentativo di star sveglio e l'altro, perché il Cardinale restò immobile per un'ora intera in ginocchio davanti al Sacramento, quasi senza muoversi! E lì, questa immagine del Cardinal Schuster, ha segnato il mio cuore e la mia mente fin da bambino, perché mi ha fatto capire la presenza di Dio nel Santissimo Sacramento, di Gesù morto e risorto per noi, e quindi l'importanza di Dio nella nostra vita. Fare il chierichetto è un privilegio, è un privilegio, perché è poter partecipare nella vicinanza e nell'affetto al bene che Gesù ci vuole. Quindi  continuate in questa tradizione".


Dall'intervista dei chierichetti di Malgrate al Card. Angelo Scola,
nel giorno del suo ingresso nella Diocesi di Milano
25 settembre 2011

domenica 18 settembre 2011

Il trasloco del Patriarca



Venezia, qualche giorno fa...
Dal Palazzo Patriarcale escono gli scatoloni del Patriarca e delle Memores, destinazione Milano.

martedì 6 settembre 2011

L'intuizione di una donna...



Il primo congresso eucaristico si tenne nel 1881 a Lille, con un titolo emblematico: L'Eucaristia salva il mondo. Si dava così inizio alla copiosa serie di congressi eucaristici - nazionali, diocesani, internazionali - che ha costellato il cattolicesimo contemporaneo, fino all'ultimo, ad Ancona. Non molti sanno che l'idea di questi incontri venne a una donna, la francese Émilie-Marie Tamisier, una delle tante laiche che hanno dedicato la loro vita alla difesa della Chiesa in anni in cui le polemiche anticattoliche erano particolarmente aspre. Tamisier, fin da bambina particolarmente devota all'Eucaristia, ebbe l'intuizione di organizzare attività per il risveglio religioso, in un contesto che si stava velocemente secolarizzando, centrandole intorno al culto eucaristico.

Il progetto le venne mentre era alla messa di consacrazione della Francia al Sacro Cuore nella cappella della Visitazione di Paray-le-Monial, lo stesso luogo dove Margherita Maria Alacoque aveva avuto le visioni da cui prese inizio il culto moderno del Sacro Cuore. Il nesso fra queste due devozioni è evidente: sono entrambe legate al Corpo di Cristo, quindi all'Incarnazione, e di conseguenza anche al realizzarsi storico della Chiesa. Ed entrambe propongono un centro sacro verso il quale dirigere la propria fede, in un mondo che si sta sempre più disperdendo fra mille stimoli, proposte, ideologie che tendono a offuscare la ricerca della verità: un simbolo chiaro e comprensibile a tutti, come il Sacro Cuore, al tempo stesso carico di significato teologico e valore spirituale. Il primo congresso, per desiderio di Tamisier, avrebbe dovuto tenersi a Liegi, patria di Giuliana di Mont-Cornillon, promotrice della festa del Corpus Domini, ma poi per motivi politici si decise per la Francia. Probabilmente, se pure in modo implicito, Tamisier voleva sottolineare come la proposta di nuove devozioni, nuove feste e nuove modalità di incontro con Gesù fosse venuta, per tre volte, da una donna, capace di immaginare quale potesse essere il modello di religiosità atto a riaccendere la fede in momenti di crisi.

[...] I congressi eucaristici sembrano quindi a Tamisier un modo moderno per coinvolgere tante persone, per riportare l'attenzione di un vasto pubblico sulla cultura religiosa e sulle sue proposte di soluzione dei problemi del tempo. Con un aspetto inedito rispetto alle altre assemblee: quello di concentrare l'attenzione dei partecipanti non solo sui discorsi e le relazioni, ma soprattutto intorno al culto eucaristico, celebrato con particolare solennità e intensità. Ma prima di vedere realizzato questo progetto, Tamisier dovette impegnarsi a lungo, e in una prima fase, durata circa un decennio, si limitò a organizzare in Francia pellegrinaggi a santuari che conservavano tracce di miracoli eucaristici. Questi prodigi, verificatisi in seguito a profanazione dell'ostia da parte di nemici della religione, ricoprivano un significato speciale in anni in cui la memoria delle violenze profanatrici della Rivoluzione era ancora vicina, e in cui l'anticlericalismo francese assumeva spesso forme molto aggressive.

Solo in una seconda fase, appoggiata e consigliata da alcuni ecclesiastici, Tamisier riuscì a coinvolgere Papa Leone XIII nel suo progetto congressuale: per realizzarlo non risparmiò fatiche, viaggi, raccolte di fondi, dedicando tutta la sua vita alla promozione di quello che vedeva come un nuovo ed efficace metodo di riportare al centro dell'attenzione pubblica la Chiesa. Un lavoro tenace e abile ma nascosto - il suo nome non fu mai fatto ufficialmente - e quindi in gran parte dimenticato. Come spesso è stato il lavoro delle donne nella Chiesa.

Lucetta Scaraffia

giovedì 1 settembre 2011

La reliquia del Beato Giovanni Paolo II a Motta di Livenza!



La Reliquia del sangue di Papa Giovanni Paolo II in via straordinaria sarà esposta in pubblica venerazione nel Santuario della Madonna dei Miracoli di Motta di Livenza (Treviso) la notte del 17 e tutta la giornata del 18 settembre. Il Cardinale di Cracovia, Stanislao Dziwisz, già segretario personale di Papa Giovanni Paolo II, ha reso possibile questo evento, consentendo che la reliquia, che consiste in una stilla di Sangue del Beato Papa Giovanni Paolo II, sia mostrata nel Santuario di Motta, che richiama sempre tantissimi fedeli.



Il programma in dettaglio, dal sito del Santuario della Madonna dei Miracoli di Motta:


Sabato 17 Settembre

Ore 20.30
Solenne ingresso della Reliquia del sangue del Beato Giovanni Paolo II. Venerazione della Reliquia.
Veglia con le preghiere e le riflessioni del Beato Giovanni Paolo II sulle prove dei cristiani nel mondo (fino alle ore 6.00 di domenica).

Domenica 18 Settembre

Ore 10.00
Ostensione della Reliquia del Beato Giovanni Paolo II.
Santa Messa solenne.

Ore 16.00
Santi Vespri solenni con intercessioni al Beato Giovanni Paolo II e Processione con la sua Reliquia.

Ore 19.00
Conclusione dell’ostensione della Reliquia.

martedì 30 agosto 2011

Basta chierichette in America...


Dal blog Messainlatino.it riprendo un post interessante sulla "questione delle chierichette". In America due Vescovi hanno ritenuto opportuno ammettere al servizio all'altare solo bambini, ragazzi e giovani...maschi! Il tutto per favorire le vocazioni!




"Nella Cattedrale cattolica dei Ss. Simone e Giuda della diocesi di Phoenix (Arizona, U.S.A., diocesi suffraganea di Santa Fe) non si vedranno più ragazze servire Messa. Ma non per misoginia o isterica sessuofobia clericale.
Mesi fa, già il Vescovo cattolico della Diocesi di Lincoln (Nebraska) S.E. Mons. Fabian Bruskewitz, aveva per primo detto "no!" alle chierichette. E per un ben preciso e importantissimo motivo: favorire le vocazioni sacerdotali e religiose.

Ora, anche il Rettore della cattedrale di Phoenix, il Rev. John Lankeit, infatti, ha detto che ha preso questa seria e grave decisione perchè sperimenta sulla propria pelle la carenza di vocazioni sacerdotali e religiose e la diminuzione della pratica religiosa in chiesa.
La sua scelta quindi (approvata dal Vescovo Mons. Thomas James Olmsted) è dettata da paterna preoccupazione e presa con spirito propositivo: incoraggiare giovani uomini e giovani donne ad onorare Dio con la consapevolezza che i vari "servizi" a cui si è chiamati sono tra essi differenti ma complementari; in tal modo i giovani impareranno a discernere più chiaramente le specifiche vocazioni nella Chiesa.

Il servizio all'altare dei giovani, si legge sul sito della diocesi, ha radici antiche nella Storia della Chiesa e prima della creazione del sistema seminario moderno dove si formavano gli uomini al sacerdozio (voluto e strutturato dai Padri del Concilio di Trento). Prima dei seminari, infatti, servire all'altare faceva parte di un apprendistato al sacerdozio.

A confortare il Vescovo di Phoenix e il rettore è l'esempio del confratello di Lincoln e i copiosi frutti che la sua scelta ha portato.
Se è pur vero che i numeri non devono essere l'unico metro di valutazione, don Lankeit è fiducioso e ricorda con speranza le diocesi in cui la limitazione ai soli ragazzi al servizio all'altare ha suscitato numerose vocazioni: la diocesi di Lincoln infatti è considerata una "centrale elettrica" delle vocazioni", e in una sola parrocchia di Ann Arbor (Michigan, Diocesi di Lansing) il cui parroco vuole solo chierichetti, nel 2008 ci sono stati 22 nuovi seminaristi e cinque donne in formazione per la vita religiosa!!
La parrocchia stessa è anche la sede di una Comunità religiosa "Servi dell'Amore di Dio" che conta già 16 sorelle e nella stessa città di Ann Arbor fioriscono anche le vocazioni femminili: le Suore Domenicane di Maria, Madre dell'Eucaristia, stanno ricevendo così molte richieste da parte di ragazze interessate ad entrare nell'ordine che non si riescono a costruire nuove strutture abbastanza velocemente per accogliere l'ondata di vocazioni religiose.

Proprio confortati da queste feconde esperienze e da questo rifiorire di vocazioni, e per tornare all'originario scopo della figura del chierichetto, il rev.do Lankeit ha riorganizzato alcuni aspetti della pastorale giovanile (presente nella cattedrale) nella speranza di promuovere anche a Phoenix il sacerdozio per i ragazzi, e le altre vocazioni religiose.
Per ottenere ciò ha, inoltre, preparato alcuni corsi differenziati: mentre per i ragazzi ci sono "corsi" per imparare a servire all'altare, le ragazze frequantano "corsi" per sapersi muovere in sacrestia e dare una mano ai sacerdoti prima e dopo le celebrazioni.

Andando contro lo spirito del tempo, e sfidando la "saggezza del mondo", in questo modo don Lankeit cerca di ottenere un sostanziale aumento delle vocazioni alla vita religiosa e sacerdotale, dando un forte segnale di "esclusività maschile" al servizio all'altare".

venerdì 26 agosto 2011

33 anni fa...






Ieri mattina io sono andato alla Sistina a votare tranquillamente. Mai avrei immaginato quello che stava per succedere. Appena è cominciato il pericolo per me, i due colleghi che mi erano vicini mi hanno sussurrato parole di coraggio. Uno ha detto: «Coraggio! Se il Signore dà un peso, dà anche l'aiuto per portarlo». E l'altro collega: «Non abbia paura, in tutto il mondo c'è tanta gente che prega per il Papa nuovo». Venuto il momento, ho accettato.

Dopo si è trattato del nome, perché domandano anche che nome si vuol prendere e io ci avevo pensato poco. Ho fatto questo ragionamento: Papa Giovanni ha voluto consacrarmi con le sue mani, qui nella Basilica di San Pietro, poi, benché indegnamente, a Venezia gli sono succeduto sulla Cattedra di San Marco, in quella Venezia che ancora è tutta piena di Papa Giovanni. Lo ricordano i gondolieri, le suore, tutti. Poi Papa Paolo non solo mi ha fatto Cardinale, ma alcuni mesi prima, sulle passerelle di Piazza San Marco, m'ha fatto diventare tutto rosso davanti a 20.000 persone, perché s'è levata la stola e me l'ha messa sulle spalle, io non son mai diventato così rosso! D'altra parte in 15 anni di pontificato questo Papa non solo a me, ma a tutto il mondo ha mostrato come si ama, come si serve e come si lavora e si patisce per la Chiesa di Cristo.

Per questo ho detto: «Mi chiamerò Giovanni Paolo». Io non ho né la sapientia cordis di Papa Giovanni, né la preparazione e la cultura di Papa Paolo, però sono al loro posto, devo cercare di servire la Chiesa. Spero che mi aiuterete con le vostre preghiere.


Giovanni Paolo I
Angelus Domini
27 agosto 1978

venerdì 19 agosto 2011

Venezia e la Festa di San Rocco, A.D. MMXI



Dopo qualche tempo (...ebbene si, nelle spiagge del Nordest collegarsi ad internet è un'impresa!) riprendiamo l'aggiornamento del blog con alcune foto della Santa Messa dello scorso 16 agosto, festa di San Rocco, celebrata nella Chiesa omonima di Venezia.

La S. Messa quest'anno è stata presieduta da S.E. Mons. Ovidio Poletto, Vescovo emerito di Concordia-Pordenone.

Ecco a voi qualche scatto.








domenica 15 maggio 2011


da Cantuale Antonianum un commento sulla Messa al Parco di San Giuliano celebrata dal Papa

L'ho vista in TV, tutta quanta, e ne sono stato davvero edificato. Parlo della celebrazione della Messa di Benedetto XVI nel parco mestrino di San Giuliano. Dobbiamo dare atto agli organizzatori di aver offerto, sul serio, un tempo di preghiera e raccogliemento a tutte le 300 mila persone presenti, e ai milioni di cristiani collegati in video.
Il cosiddetto "palco papale" era un vero e proprio abside basilicale, con la riproduzione in gigantografia su tela di mosaici in stile bizantino veneziano. L'altare coperto dal ciborio, pilastri che inframezzavano l'enorme presbiterio e lo splendido e semplicissimo ambone che richiamava visivamente quello di San Marco. Tutto era studiato nei dettagli. Il simbolismo era evidentemente preparato e adattato anche alle esigenze televisive. Niente biancume iconoclasta o peggio ancora palchi da concerto rock o manifestazione politica: i cerimonieri organizzatori veneti ci hanno finalmente una cattedrale virtuale, degna di una Messa papale, in puro stile Benedetto XVI.
Ma non c'è da lodare solo la scenografia: tutto è stato veramente lodevole. La posizione di vescovi e presbiteri attorno al Papa celebrante, il canto dei ministri (il diacono ha cantillato il vangelo in maniera splendida e significativa), il canto gregoriano, a cui si è voluto dare - ed è ben giusto - il posto d'onore, senza dimenticare il canto assembleare (senza stravaganti novità, ma puntando sui canti più conosciuti). Ottimi e solenni i seminaristi ministranti, guidati - per quanto potevo vedere e sapere - dai precisi (ma discreti) cerimonieri di Padova, i proff. di liturgia Don Gianandrea Di Donna e padre Andrea Massarin, francescano, che ci hanno mostrato di saper unire le competenze teoriche (leggi qui) ad una sana pratica. Non è certo facile organizzare e gestire una celebrazione del genere, neanche sotto la supervisione esperta ed attenta del Maestro delle Celebrazioni pontificie Guido Marini.
Un grazie vivissimo, quindi, a chi si è messo a servizio del Papa, per far risaltare la sua presenza e la sua parola. Non ci sono sfuggite, al riguardo, le direttive impartite alla sterminata assemblea liturgica: non sventolare bandiere, bandierine e striscioni (era ora che qualcuno lo dicesse! Siamo a Messa, mica allo stadio!) e soprattutto non applaudire, nemmeno all'omelia: ed infatti non si è udito neppure un battimano (ci vuole coraggio a dare un invito simile a 300 mila papa-fans!!!). La disciplina e la sincera devozione dei nordestini ha fatto il resto.
Continuiamo così: mattone dopo mattone, anche le megacelebrazioni devono prendere la via giusta. Ieri ci è stato mostrato che un modo cattolico e romano di pregare in centinaia di migliaia è possibile.